In tempi in cui ogni giorno siamo inondati di informazioni e disinformazioni (“fake news”) attraverso messaggi, comunicazioni, “post” o “tweet” sui social media, non è facile tenere traccia delle cose e spesso emerge una domanda legittima: dove finisce la libertà di espressione e quando un messaggio assume rilevanza penale?
Codice penale italiano:
Art. 594 Insulto: Chiunque viola l’onore e la dignità di una persona presente è punito con la reclusione fino a 6 mesi o con una multa fino a 516 euro.
La stessa pena si applica a chiunque commette il fatto mediante telegrafo o telefono, o con lettere o disegni indirizzati ad una persona.
La pena è aumentata fino a un anno di reclusione o con una multa fino a 1032 euro se la violazione consiste nell’attribuzione di una determinata circostanza.
La pena è aumentata se sono presenti più persone.
(Questo reato è stato depenalizzato nel 2016, cioè non è più un reato penale, ma può essere punito civilmente. È anche un illecito amministrativo, punibile con una multa.)
Art. 595 Diffamazione: Chiunque, fuori dall’ambito di applicazione dell’articolo precedente, comunicando con più persone, danneggia la reputazione di una persona, è punito con la reclusione fino a un anno o con una multa fino a 1.032 euro.
Sebbene la Legge Statale 547/1993 abbia introdotto in Italia una serie di nuovi reati generalmente qualificati come “reati informatici”, ciò non ha contribuito a far sì che venga punito anche il reato di ingiuria o diffamazione commesso tramite computer o reti telematiche.
I reati penali previsti dagli articoli 594 (insulto) e 595 (diffamazione) del codice penale sono sufficientemente specifici ma comunque generali da comprendere tutti i comportamenti offensivi posti in essere attraverso le reti informatiche e le moderne tecnologie di comunicazione in genere (SMS, chat, newsletter, ecc.).
L’ingiuria è un reato puramente di pericolo, il che significa che non è necessario che la persona interessata si senta effettivamente violata nell’onore.
Il fatto che le espressioni siano da classificare come diffamatorie o meno e non siano solo espressione di cattivo gusto dipende sempre dal contesto, dalle circostanze esterne e dalla storia precedente. Ad esempio, non esistono espressioni intrinsecamente diffamatorie e altre che non lo sono.
Il tribunale decide se il limite penale è stato superato o meno, tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive.
Contrariamente, la stessa espressione può essere considerata diffamatoria in un contesto ma non in un altro.
Si realizza il reato di diffamazione se il messaggio è percepito da persone terze rispetto all’autore e alla persona offesa.
A differenza della calunnia, gli insulti su Internet, indipendentemente dalla piattaforma, si verificano sempre quando la persona interessata sente queste espressioni nel momento in cui vengono pronunciate e può quindi replicarle immediatamente.
Nel caso opposto si parla di diffamazione.
Sia in una causa civile separata, sia come parte civile in una causa penale, la persona lesa può chiedere il risarcimento dei danni per le dichiarazioni diffamatorie.
Esempi:
L’espressione secondo cui una persona è uno “zero” o un “niente” è stata ritenuta diffamatoria.
L’espressione “non sono in grado di fare il loro lavoro”, rivolta agli agenti di polizia, non è stata considerata diffamatoria.
Altre espressioni di uso comune in italiano, sicuramente diffamatorie di per sé, come ad esempio vaffanculo o rompere le scatole sono state classificate come usate così frequentemente da aver perso il loro potere offensivo.
L’espressione rivolta ad una donna che era una “barca scuola guida” (in tedesco „Fahrschulboot“) con l’implicazione che avesse avuto molti rapporti sessuali in passato è stata considerata diffamatoria.
Non è stata considerata disonorevole l’affermazione di un politico locale secondo cui i politici comunali, con il pieno consenso del sindaco, avrebbero fatto costruire una discarica illegale vicino a pozzi profondi che servono per l’acqua potabile. Questa affermazione si è rivelata falsa. Tuttavia, la persona è stata assolta dal reato perché le accuse erano così imprecise e superficiali che la corte ha stabilito che facevano parte di una disputa politica tra partiti politici rivali.
Un blogger ha pubblicato la falsa notizia secondo cui 2 rapper sarebbero stati sorpresi con 23 grammi di cocaina in macchina. La denuncia per diffamazione è stata respinta in quanto probabilmente si trattava di una sorta di satira su due artisti molto conosciuti nel “Jet Set” e quindi classificata come puro gossip. Dato che il messaggio era molto generico, la soglia prevista dal diritto penale non sarebbe stata superata.
È riconoscibile la tendenza a fissare una soglia di rilevanza penale molto alta, in particolare per quanto riguarda persone famose, in modo che con il pretesto del diritto di critica e di satira (anche se non immediatamente riconoscibile come tale) venga perdonato quasi tutto, almeno in termini di diritto penale.